MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA
STORIA E CRONOLOGIA DEI MANIFESTI DELLA GASTRONOMIA FUTURISTA
Chi ha veramente scritto il Manifesto della cucina futurista? Lo chef francese Jules Maincave o Filippo Tommaso Marinetti?
Sareste in grado di immaginarvi l’espressione del volto di Filippo Tommaso Marinetti quando, il 1 gennaio 1913, sulle pagine della rivista satirica francese “Fantasio” lesse un curioso articolo intitolato “Le cubisme culinaire”, ovvero l’onirico e ironico manifesto scritto da Guillaume Apollinaire per consacrare il sublime incontro tra l’arte d’avanguardia e la gastronomia? Come aveva potuto il fondatore del Futurismo non pensare ad un simile connubio? Marinetti, con i suoi manifesti, sino ad allora aveva creduto di aver contemplato tutti i campi dell’espressione intellettuale ed artistica, spaziando dalla pittura alla musica, dal teatro alla scultura, dalla sessualità alla letteratura e alla filosofia. Quasi tutti i campi, sino ad allora.
In effetti Marinetti si era lasciato sfuggire dal suo raggio d’azione la Gastronomia e soprattutto aveva lasciato ad Apollinaire il merito di essere il primo intellettuale a preoccuparsi di formulare una sua personale teoria gastronomica, immaginando una «cucina moderna» che avrebbe dovuto essere «scientifica», cioè «cubista», proprio come la pittura di Picasso e dei suoi amici. E, ancora, aveva permesso al critico francese di scrivere già nel 1912, sul settimanale lussemburghese “Le Passant”, dell’esigenza di dare vita ad una «cuisine nouvelle» precorrendo in assoluto i tempi.
In soccorso di Marinetti arrivò pochi mesi dopo, uno strano cuoco 'sperimentatore' di nome Jules Maincave. Nel settembre dello stesso anno infatti lo chef, intervistato da André Charpentier pubblicò, sempre su “Fantasio”, il famigerato manifesto mancante al programma futurista dal titolo inequivocabile: “Manifeste de la cuisine futuriste”.
Maincave esortava gli chef alla sperimentazione gastronomica, rivendicando la necessità di «una cucina adeguata alla vita moderna e alle ultime concezioni della scienza». Il cuoco francese non restò con le mani in mano e aprì, seppur per breve tempo, un ristorante futurista sulla Rive Gauche a Parigi per far assaggiare le sue specialità, ovvero delle «rane riempite di una pasta di granchiolini rosa»; delle «uova affogate nel sangue di bue da servirsi su un purée di patate allo sciroppo di lampone»; dei «filetti di sogliola alla crema Chantilly, spolverati di lische pestate» e il «filetto di bue alla “Fantasio”», realizzato in omaggio alla rivista parigina che aveva pubblicato il suo coraggioso manifesto. Da quel momento cominciarono a scrivere di Maincave alcune riviste incuriosite dal suo spirito estremamente innovativo in cucina. La consacrazione al successo avvenne ovviamente in Francia grazie soprattutto all’articolo “Un cusinier futuriste” di Andrè Arnyvelde, pubblicato su “Les Annales Politiques et Littéraires” (2 novembre 1913), la popolare rivista parigina dedicata alla vita moderna diretta da Adolphe Brisson, fratello del direttore di “Le Figaro”, il giornale che nel 1909 lanciò il primo manifesto del futurismo di Marinetti. Nell’articolo Maincave sottolineò la sua modernità attaccando «les deux Bastilles de la cuisine moderne: le mélanges et les aromes» e, al pari del futurista Carlo Carrà, autore del manifesto “Pittura dei suoni, rumori, odori” (1913), invitò ad associare alle opere d’arte, e quindi alle creazioni gastronomiche, realizzate con azzardati accostamenti di sapori agrodolci, altre particolari referenze sensoriali.
Gli esperimenti gastronomici di Maincave continuarono nonostante lo scoppio della prima guerra mondiale. In trincea lo chef-soldato propose ai suoi commilitoni piatti saporiti, corroboranti, dai nomi e dalle ricette assolutamente futuriste, come le famigerate beefsteaks d’attaque à la gnole. La sua carriera fu tuttavia stroncata da un colpo di obice di grosso calibro sparato dai tedeschi sulla sua cucina da campo. La sua fama di cuoco futurista era arrivata anche oltre oceano, come dimostra l’articolo del “New York Times”, pubblicato il 12 febbraio del 1921: “Latin Quarter Chef Among War Heroes. Visitors returning to Paris have just learned of the fate of Jules Maincave”, e delle sue gesta culinarie e militari ne parlarono nel prestigioso Almanach de Cocagne pour l’an 1922 Dédié aux vrais Gourmandes et Aux Francs-Buveurs. Nel saggio di Curnonsky (pseudonimo di Maurice Edmond Saillant) e Gaston Derys, Gaietés et Curiosités Gastronomiques del 1933, la cucina di Maincave fu analizzata con particolare attenzione alla sua concezione di food designer in un capitolo tuttavia erroneamente dedicato alla cucina cubista.
A parte l’originalità delle creazioni di Maincave, fu però alcuni anni dopo la meno nota Irba Futurista (forse lo pseudonimo scelto dalla poetessa parolibera Irene Bazzi) a sottolineare, nel manifesto “Culinaria futurista” del 1920 (pubblicato su “Roma Futurista” e sul giornale di Sarno “La Pietra”), l’esigenza di una estetica delle portate e dell’uso del colore nelle suppellettili. Mettendo da parte la visione organolettica della cucina suggerita da Maincave, la Irba futurista concentrò la sua attenzione sulla forma e sulla mise en place non convenzionale delle vivande, «dando ai cibi delle forme simmetriche, o anche asimmetriche, ma sempre ben definite e possibilmente architettoniche, evitando soprattutto le ‘salse in cui nuotano delle incognite varie’».
Il manifesto della “Culinaria futurista” invitava ad abolire «il cosiddetto servizio completo. (Per 12 o 24 persone di porcellana bianca colla riga bleu o d’oro, tanto caro ai borghesi)», a godere la vita con tutti i sensi e ad «adorare il colore», tanto da volerlo partecipe della vita quotidiana. L’imperativo della ‘Irba futurista’ era «distruggere la monotonia ‘del pesce in bianco servito sul piatto bianco’, delle vivande che sembrano annoiarsi sull’uniformità dei piatti pedantescamente uguali». E così, con poche parole profetiche, questa misteriosa ‘cuoca’ attratta dalla rivoluzione artistica marinettiana, chiudeva il suo messaggio destinato alla «massaia futurista»: «La nostra tavola deve ridere di gioia nella diversità dei rosso-giallo-verdi-azzurro dei piatti grandi-piccoli-ovali-quadri-tondi, che sembreranno ballare una sinfonia gustosa che molto aggradevolmente, stuzzicando al massimo il nostro appetito, vuoteranno il loro contenuto nel nostro ‘dilettato’ non dilatato stomaco».
A teorizzare e ad organizzare la prima autentica rivoluzione culturale, antropologica e gastronomica del sistema alimentare italiano e moderno è stato però Filippo Tommaso Marinetti che volle dare vita ad «una alimentazione nuova, rallegrante, ottimista, eccitatrice dell’ingegno, poco costosa». E la battaglia cominciò con la ristampa nel 1927 del “Manifesto” di Maincave.
In molti erroneamente attribuiscono a Marinetti la paternità del manifesto, dimenticandosi tuttavia la prima stesura del cuoco francese. Il “Manifesto della cucina futurista” in Italia apparve per la prima volta sulla “Fiera Letteraria” il 22 maggio del 1927: Marinetti vi appose la firma scrivendo una premessa alle teorizzazioni che furono però di Maincave, raccontando la vera nascita di quel prezioso ma dimenticato manifesto: «Alla vigilia della guerra vi fu un vivo clamore di polemiche sulla stampa francese pro e contro le teorie culinarie futuriste di un notissimo e abilissimo cuoco francese Jules Maincave. Il mio incontro e la mia conversazione con questo geniale artista del palato dovevano essere seguiti dal lanciamento del suo manifesto della cucina futurista perfezionato e completato. Questo lanciamento non avvenne perché Maincave arruolatosi e divenuto cuoco del 90.Reggimento fanteria in linea nelle Argonne non potè più occuparsi di propaganda». Ma di Maincave e della sua drammatica fine in trincea abbiamo già scritto.
Il “Manifesto della cucina futurista” ritornò ad essere pubblicato nel maggio del 1930 su “La Cucina Italiana”, il “Giornale di gastronomia per le famiglie e per i buongustai” fondato da Adelia (Delia) e Umberto Notari, in una ‘nuova’ versione del testo, rivisto in maniera sostanziale da Marinetti in chiave italiana e patriottica. Il 28 dicembre dello stesso anno venne poi proposto ai lettori della diffusissima “Gazzetta del Popolo” di Torino. Allora Marinetti non perse l’occasione per lanciare la sua teoria del «pranzo perfetto» che esigeva: «1. un’armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e i colori delle vivande. 2. L’originalità assoluta delle vivande. 3. L’invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e di colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra». La gastronomia del movimento futurista, secondo il suo fondatore, avrebbe dovuto dunque essere creata grazie a «complessi plastici saporiti» per nutrire gli occhi; ed aveva il compito di eccitare «la fantasia prima di tentare le labbra», oltre a richiedere l’abolizione della forchetta e del coltello per esaltare «il piacere tattile prelabiale» e riuscire, in questa maniera, a non contaminare il sapore dei cibi proposti.
Nel 1931 il manifesto riapparve a gennaio con il titolo “F.T. Marinetti vient de lancer le manifeste de la cuisine futuriste” sulla rivista francese “Comoedia”. All’epoca si tenne Il grande banchetto futurista di Parigi, evento organizzato in concomitanza con l’‘Esposizione coloniale’ nella capitale francese, manifestazione nata per festeggiare il centenario della conquista dell’Algeria. La cena fu organizzata in grande stile nel ristorante del Padiglione italiano, progettato e costruito dall’architetto Guido Fiorini con delle linee futuriste ultramoderne: la sala da pranzo venne decorata con otto enormi pannelli dipinti dall’aeropittore Enrico Prampolini e i commensali poterono assaggiare dei piatti straordinari: «Les grandes eaux (du peintre Prampolini); Carrousel d’alcool (du peintre Prampolini); Hors d’oeuvre simultanée (du peintre Fillia); Excitant gastrique (du peintre Ciuffo); Préface variée (du peintre Prampolini); Toutriz (du Peintre Fillìa); Les îles alimentaires (du Peintre Fillìa); Equatore+Polo-Nord (du peintre Prampolini); Aéromets, tactile, bruitiste et parfumé (du Peintre Fillìa); Poulet d’acier (du peintre Diulgheroff); Cochin excité – à surprise (d’un primitif du 2000); Viandesculptèe (du Peintre Fillìa); Machine à goûter (du peintre Prampolini); Paradoxe printanier (du peintre Prampolini); Gateauélastique (du Peintre Fillìa)».
Seguendo un ordine meramente cronologico, il manifesto scritto dal solo Marinetti fece nuovamente la sua comparsa a febbraio del 1931 sul “Giornale di Sicilia” e poi con il titolo emblematico “Pastasciutta, blocco pesante (Polemica di S.E. Marinetti)” su “Gli Oratori del Giorno. Rassegna mensile d’eloquenza”, rivista, diretta dall’onorevole giurista e letterato Titta Madia, che lasciò ampio spazio agli insoliti interventi dei futuristi in merito alla loro visione innovativa e provocatoria della società moderna. Lo stesso manifesto riapparve il 22 novembre del 1931 su “Chiavari Anno X”, il numero unico pubblicato in occasione della visita del fondatore del futurismo nella cittadina ligure dove si tenne una celebre ‘Giornata Futurista’, cominciata con l’inaugurazione della ‘Mostra d’Arte Futurista’, a cui fecero seguito il ‘Circuito di Poesia’ -vinto dal triestino Bruno Sanzin-, la conferenza di Marinetti sul “Futurismo mondiale”, e l’Aeropranzo organizzato all’‘Hotel Negrino’, al quale parteciparono più di trecento persone.
In seguito una parte del testo definitivo del “Manifesto della cucina futurista” -ovvero quello redatto dal solo Marinetti- venne inserita nella “Lista vivande” del ristorante futurista torinese denominato ‘Taverna Santopalato’: il manifesto trovò posto nel famoso menu, rilegato con una copertina in alluminio -della Ditta Guinzio & Rossi-, stampato espressamente per gli invitati alla sera dell’inaugurazione della futuristissima ‘Taverna Santopalato’. Ancora il “Manifesto della cucina futurista” venne riprodotto nella sua interezza e nella versione à la Marinetti ne La cucina futurista del 1932, il libro che sancì definitivamente il passaggio della gastronomia dei futuristi alla Storia.
Ad oggi il “Manifesto della cucina futurista” contenuto nel libro di Fillìa e Marinetti, è stato tradotto in inglese, in francese, in tedesco, in spagnolo e in norvegese. Mentre all’epoca del suo lanciamento, l’Agenzia A.L.A. (fondata dal segretario del ‘Movimento Futurista’ Luigi Scrivo) diffuse in uno dei suoi volantini informativi del 1932 la notizia -mai confermata- della traduzione in ungherese sia del “Manifesto della cucina futurista”, sia del libro dedicato dai futuristi alle loro fantastiche innovazioni gastronomiche.
Guido Andrea Pautasso
Bibliografia
Apollinaire
Guillaume, “Le cubisme culinaire“,“Fantasio“, 1 janvier 1913.
Arnyvelde André, “Un cusinier futuriste”, “Les Annales Politiques et
Littéraires”, 2 novembre 1913.
Charpentier
André, “La cuisine futuriste”, “Fantasio”, n.171, Paris 1 septembre 1913.
Irba futurista, “Culinaria
futurista”, “Roma futurista”, n.83, Roma 9 maggio 1920.
Irba futurista, “Culinaria
futurista”, “La Pietra”, anno II, n.18, Sarno, agosto 1920
Maincave Jules, “Manifesto
della cucina futurista”, “La Fiera Letteraria”, anno III, n.21, Milano 22 maggio 1927.
Marinetti Filippo Tommaso,
“Manifesto della cucina futurista”, “La Cucina Italiana.
Giornale di gastronomia per le famiglie e per i buongustai”, n.5, Milano,
maggio 1930.
Marinetti Filippo Tommaso,
“Manifesto della cucina futurista”, “Giornale di Sicilia”, 2 febbraio 1931.
Marinetti Filippo Tommaso,
“F.T. Marinetti vient de lancer le manifeste de la cuisine futuriste”,
“Comoedia”, Paris
20 janvier 1931.
Marinetti Filippo Tommaso, “Pastasciutta,
blocco pesante (Polemica di S.E. Marinetti)”, “Gli oratori del giorno. Rivista Mensile d’Eloquenza ”, anno V, n.9,
Roma settembre 1931.
Marinetti Filippo Tommaso,
“Manifesto della cucina futurista”, “Chiavari Anno X”, Chiavari, 22 novembre 1931.
Marinetti Filippo Tommaso, Santopalato.
Taverna Futurista Santopalato, via Vanchiglia 2 – Torino.
Inaugurata da S.E. Marinetti, decorata da Diulgheroff e Fillia. Realizzazione
della cucina futurista italiana. Ambienti di artisti novatori. Proprietari:
Giachino e Bosio, Torino, Anonima
Roto-Stampa, 1931.
Marinetti Filippo Tommaso,
“Nuvole saporite. Il grande banchetto futurista di Parigi” in AA.VV., Premio
letterario Viareggio,
Roma, Grafia, 1931.
Marinetti Filippo Tommaso e
Fillia, La cucina futurista, Milano,
Sonzogno, s.d. (ma 1932).
Pautasso Guido Andrea, Epopea della cucina futurista, Cremona,
Galleria Daniela Rallo, 2009.
Pautasso Guido Andrea, “Prove
di aerocucina. Marinetti e il sogno utopico della cucina futurista”, “Charta”, anno
21, n.119, gennaio-febbraio 2012.