EPOPEA DELLA CUCINA FUTURISTA

La cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità,
sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa:
essa invece vuol finalmente creare un'armonia tra il palato degli uomini e
la loro vita di oggi e di domani.
Filippo Tommaso Marinetti

«Mangia con arte per agire con arte»
, sosteneva Filippo Tommaso Marinetti, il primo a rivoluzionare secondo i principii della cucina futurista la gastronomia in Italia e nel mondo. Per scoprire la storia e i segreti della cucina degli artisti futuristi, leggete il volume di Guido Andrea Pautasso, Epopea della cucina futurista, pubblicato (in 300 copie numerate) dalle Edizioni Galleria Daniela Rallo di Cremona.

www.guidoandreapautasso.com
http://vampirofuturista.blogspot.it/

Traduzione in lingua russa di Irina Yaroslavtseva

Переводчик: Ярославцева Ирина



martedì 3 maggio 2016

MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA: STORIA E TESTI di Guido Andrea Pautasso



MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA


Questa ricerca, espressamente dedicata al “Manifesto della cucina futurista”, intende dipanare alcuni dubbi e rettificare diverse imprecisioni sorte attorno ad esso, a cominciare dalla paternità del testo, la cui stesura spesso e volentieri viene attribuita in maniera errata al solo fondatore e massimo teorico del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti. E anche per quanto concerne la figura di Fillìa (nome d’arte di Luigi Colombo), fondatore all’inizio degli anni trenta a Torino del Movimento Futurista Sindacati Artistici, occorre precisare che egli scrisse a quattro mani con Marinetti il volume La Cucina Futurista ma non pubblicò e non firmò mai un manifesto integralmente dedicato alla gastronomia futurista seppur partecipando attivamente alla polemica sorta attorno al rinnovamento della cucina voluto dall’avanguardia marinettiana. Prima di addentrarsi nello studio del “Manifesto della cucina futurista”, sottolineiamo quanto queste precisazioni iniziali siano doverose dati gli equivoci e la costante disinformazione pubblicata su libri, siti internet e blog che si interessano al fenomeno della cucina dei futuristi in maniera semplicistica e riduttiva senza affrontarla scientificamente dal punto di vista storico, culturale, sociale e ancor meno rispettando la cronologia degli avvenimenti ad essa collegati.

Del “Manifesto della cucina futurista” esistono tre differenti stesure ufficialmente riconosciute dagli storici, studiosi e critici del movimento del Futurismo1. La prima versione, intitolata “Manifeste de la cuisine futuriste”, è stata scritta nel 1913 dallo chef francese Jules Maincave, a cui va il merito di essere stato il primo cuoco ad aver trasferito in cucina il pensiero e i dogmi rivoluzionari del movimento futurista per applicarli alla gastronomia. Mentre le altre due versioni del manifesto, scritte in italiano e pubblicate tra il 1927 e il 1930, entrambe intitolate “Manifesto della cucina futurista”, sono state frutto e opera delle ricerche del fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti che, in primis, però lavorò alla traduzione, alla revisione e alla riscrittura dei materiali presentati da Maincave, per poi sviluppare ex-novo una sua versione del manifesto assolutamente all’avanguardia per la terminologia, per le considerazioni tecniche sulla natura e sulla manipolazione degli alimenti e soprattutto per le visioni utopiche e sociali che esso comportava.
Per comprendere le ragioni della stesura del manifesto della gastronomia del Futurismo in tre diverse versioni, a loro volta caratterizzate da significative varianti, possiamo suddividere la stessa disciplina della Cucina futurista in due momenti o periodi differenti. Essa infatti visse un primo periodo, identificato con i termini ‘innovativo ed esperienziale’, che spaziò dal 1910 al 1929, e che fu legato soprattutto alla figura di Maincave e alla concezione marinettiana del banchetto futurista inteso come espressione spettacolare di uno stile di vita rivoluzionario. Nella seconda fase, che interessò il periodo dal 1930 agli ultimi giorni del 1944, la Cucina futurista si trovò a vivere un momento fortemente ideologizzato, assolutamente in linea con la politica del regime fascista, e che potrebbe essere definito di carattere ‘metodologico ed autarchico’. Questo secondo periodo, diventato grazie agli studi critici, predominante, ebbe come massime manifestazioni la campagna di Filippo Tommaso Marinetti per l’abolizione dalle mense italiane della pastasciutta; l’estremizzazione della ricerca dell’artisticità nella preparazione delle vivande; la trasformazione dei banchetti futuristi in veri e propri strumenti di propaganda; e la proposta di un metodo e di regole nuove per la nutrizione delle masse popolari. Chiarito questa particolare differenziazione interna allo stesso sviluppo dei principii, delle intenzioni e delle ragioni esperienziali della Cucina futurista, possiamo ora analizzare il suo manifesto teorico da un punto di vista cronologico e filologico considerando soprattutto il ruolo svolto dall’autore dello scritto iniziale, Maincave, per poi concentrare l’attenzione sulla funzione svolta invece da Marinetti che cercò di dare alla gastronomia del Futurismo una vera e propria dimensione artistica e istituzionale.

Il primo manifesto dedicato alla cucina futurista lo dobbiamo allo chef francese Jules Maincave che scrisse il “Manifeste de la cuisine futuriste” e lo pubblicò sulla rivista “Fantasio” in un’intervista rilasciata ad André Charpentier il primo settembre del 1913. Il manifesto è stato puntualmente tradotto in italiano e pubblicato nel 1914 con il titolo “Il cuoco futurista, ovvero Jules Maincave intervistato dal giornalista Charpentier” sul numero di agosto della rivista “Gazzettino Azzurro” di Rimini; in seguito, il testo è stato ripubblicato nel maggio del 1930 sul mensile “La Cucina Italiana. Giornale di gastronomia per le famiglie e per i buongustai.
Marinetti tradusse il “Manifeste de la cuisine futuriste” soltanto quattordici anni dopo, per pubblicarlo con il titolo “La cucina futurista. Manifesto della cucina futurista” sulla rivista “La Fiera Letteraria” nel maggio del 1927. In realtà, il capo del Futurismo non si limitò a tradurre il verbo di Maincave bensì rielaborò lo scritto primigenio del cuoco francese apportando alcune sostanziali modifiche al testo concentrando il suo interesse sull’urgenza di rinnovare la gastronomia del ventesimo secolo, per poi associare a questa ansia di rinnovamento la volontà di allestire le cucine moderne come se fossero dei laboratori creativi. Due tesi che furono esposte comunque da Maincave già in “Fantasio” e soprattutto nell’intervista rilasciata ad Alexandre Arnyvelde, intitolata “Un cusinier futuriste”, pubblicata su “Les Annales Politiques et Littéraires” nel novembre del 1913. Come si evince dall’attenta lettura dei testi dello chef futurista francese, Marinetti offrì ai lettori de “La Fiera Letteraria” una sua versione ‘personale’ del manifesto, preceduta da un breve ricordo di Maincave scomparso tragicamente durante la prima guerra mondiale2.
Il “Manifesto della cucina futurista” redatto personalmente da Filippo Tommaso Marinetti in chiave autarchica e propagandista venne invece pubblicato sul giornale “La Gazzetta del Popolo” di Torino il 28 dicembre del 1930, per poi comparire sulla rivista “La Cucina Italiana. Giornale di gastronomia per le famiglie e i buongustai” di Umberto e Delia Notari il 15 gennaio del 1931; cinque giorni dopo la pubblicazione su “La Cucina italiana”, il manifesto, tradotto in francese, trovò spazio sulla rivista parigina “Comoedia”.
Seguendo un ordine cronologico il manifesto di Marinetti è stato in seguito ristampato sul “Giornale di Sicilia” il 2 febbraio del 1931, e riproposto nel menu offerto ai commensali in occasione dell’inaugurazione del ristorante futurista ‘Taverna Santopalato’ in via Vanchiglia 2 a Torino l’8 marzo dello stesso anno. Il manifesto fu ripubblicato integralmente sia nel numero speciale “Chiavari Anno X” nel novembre del 1931, sia nel libro di Marinetti e Fillia, La cucina futurista, edito a Milano da Sonzogno, probabilmente nel 19323. Mentre un breve stralcio del manifesto apparve sia sulla rivista romana “Gli oratori del giorno. Rivista Mensile d’Eloquenza” nel settembre del 1931 con il titolo “Pastasciutta, blocco pesante (Polemica di S.E. Marinetti)”, sia nel volume di Giovanni Mariotti, Itinerari ghiotti, una delle prime guide ai ristoranti d’Italia edita a Milano nel 1936 per conto della Società Anonima Terme di S. Pellegrino. Ad oggi il “Manifesto della cucina futurista” contenuto nel libro di Fillìa e Marinetti, è stato tradotto in inglese, in francese, in tedesco, in spagnolo e in norvegese. Mentre all’epoca del suo lanciamento, l’Agenzia A.L.A. (fondata dal segretario del ‘Movimento Futurista’ Luigi Scrivo) diffuse in uno dei suoi volantini informativi del 1932 la notizia -mai confermata- della traduzione in ungherese sia del “Manifesto della cucina futurista”, sia del libro dedicato dai futuristi alle loro fantastiche innovazioni gastronomiche. 

La lettura critica dei tre manifesti tecnici dedicati alla gastronomia dei futuristi consente di comprendere le differenze sostanziali esistenti tra i principii propugnati inizialmente da Maincave e quell’ideale rinnovamento auspicato invece da Marinetti che, a distanza di circa vent’anni, sognava la trasformazione futurista della cucina grazie all’uso della tecnologia e delle scoperte scientifiche dell’era moderna.
Maincave, nel 1913, intendeva fare «tabula rasa di tutte le schiavitù culinarie» riguardo al metodo della preparazione delle vivande, attaccando precipuamente «le misture e gli aromi», e impostando le sue ricerche per restituire all’umanità il piacere delle sensazioni gustative e della «“tattilità” della bocca» in un crescendo di inventive e di accostamenti al limite della razionalità, dei sapori e del buon gusto. Marinetti con la pubblicazione sulla “Gazzetta del Popolo” del suo “Manifesto della cucina futurista” nel 1930 ebbe l’ambizione di teorizzare invece la prima autentica rivoluzione culturale, antropologica e gastronomica del sistema alimentare italiano e moderno.
Il fondatore del Futurismo volle dare vita ad «una alimentazione nuova, rallegrante, ottimista, eccitatrice dell’ingegno, poco costosa»: «la prima cucina umana», schierata contro il mito della gola e della «cucina-museo» passatista, ispirata dall’«arte di alimentarsi» escludendo il plagio ed esigendo sempre una certa dinamicità dei cuochi e l’originalità della creazione e della preparazione delle vivande. Comprendendo come le alte manifestazioni dell’arte culinaria non potessero essere ‘congelate’ e mostrate come mummie nei musei, Marinetti scese nell’arena della vita pratica e lanciò una «rivoluzione cucinaria» che si proponeva «lo scopo alto, nobile ed utile a tutti di modificare radicalmente l’alimentazione […], fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l’esperienza, l’intelligenza e la fantasia» sostituissero «economicamente la quantità, la banalità, la ripetizione e il costo». Il suo obiettivo era far dimenticare agli italiani «l’uomo panciuto», «cubico, massiccio, impiombato», che non era da vedersi come un simbolo ma come una «sintesi alogica di molte sensazioni: paura della realtà futura, freddo e solitudine della notte, visione della vita 20 anni dopo, ecc.». Inoltre, per i futuristi era venuto il tempo di sfruttare le innovazioni meccaniche e scientifiche che consentivano di conseguire un perfezionamento cucinario ed una organizzazione di sapori, di odori, e di gusti diversi che sino ad allora erano sembrati assurdi. Il diktat futurista era sperimentare e far diventare gli artisti del movimento dei veri e propri chimici dell’intuizione gastronomica, in quanto il cuoco era considerato un «chimico che condensa nella reazione alimentare i principi indispensabili alla vita». Per Marinetti gli chef futuristi dovevano essere degli innovatori e dovevano razionalizzare l’alimentazione – come auspicato anche dalla propaganda del regime fascista – anche ipotizzando l’avvento fantascientifico della nutrizione attraverso le pillole (che avverrà quasi quarant’anni dopo con gli astronauti) e mediante delle «onde nutrienti».
Nel suo Manifesto della cucina futurista, Marinetti invitò i cuochi a «concepire per ogni vivanda un’architettura originale, possibilmente diversa per ogni individuo», in modo cioè che tutte le persone avessero «la sensazione di mangiare, oltre che dei buoni cibi, anche delle opere d’arte», facendo così percepire come il cibo potesse declinare verso nuovi linguaggi e trascendesse il confine del gusto per raggiungere nuovi canali percettivi. Nel manifesto si invitava ad abolire l’utilizzo delle posate per esaltare «il piacere tattile prelabiale» e ad usare l’arte dei profumi per favorire la degustazione, in maniera tale che ogni vivanda fosse preceduta da un profumo, in seguito cancellato dalla tavola mediante l’accensione di forti ventilatori. Gli chef futuristi avevano il compito di eccitare i sensi appagando tutte quelle «sensazioni tattili-visive-olfattive-termiche-gustative» nascoste negli accostamenti azzardati dei cibi, in «bocconi simultanei e cangianti» in grado di contenere «dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi». Gli accostamenti dei cuochi futuristi trasformavano così le vivande in vere e proprie operazioni artistiche e comportamentali all’avanguardia: delle azioni che risultano nettamente in anticipo rispetto alle nuove tendenze gastronomiche dei food designer del terzo millennio.

Guido Andrea Pautasso

NOTE
1. Domenico Cammarota, in Futurismo. Bibliografia di 500 scrittori italiani (Milano-Rovereto, SKIRA-Mart, 2006), ha sostenuto l’esistenza di un ulteriore testo teorico, intitolato Manifesto della cucina futurista diretto ai cuochi di tutto il mondo, redatto dal ‘Comitato a fuoco perpetuo della cucina futurista’, pubblicato a Milano sotto forma di volantino, privo però di una qualsiasi datazione e senza alcuna indicazione degli autori o dei membri sottoscrittori del comitato. Cammarota afferma che il manifesto probabilmente è databile «giugno 1913» ma questa datazione comporta delle discrepanze rispetto al manifesto di Maincave, pubblicato su “Fantasio” esattamente a tre mesi di distanza, ovvero nel settembre dello stesso anno. L’assenza di una datazione precisa pertanto non consente di affermare con assoluta certezza che il Manifesto della cucina futurista diretto ai cuochi di tutto il mondo sia veramente il primo manifesto pubblicato sulla gastronomia dell’avanguardia marinettiana (inoltre teniamo a sottolineare che tale versione del manifesto non è stata da noi reperita e tantomeno è stata possibile una verifica del materiale stampato e di conseguenza del testo contenuto).
2. Nella stesura del testo, Marinetti potrebbe anche aver utilizzato il già menzionato Manifesto della cucina futurista diretto ai cuochi di tutto il mondo che potrebbe anche essere una prima traduzione italiana del manifesto di Maincave. Tuttavia, per quanto concerne la natura di questo testo, come precisato nella nota precedente, possiamo soltanto fare delle ipotesi e delle supposizioni in merito al contenuto e alla sua datazione.
3. Rimandiamo alla lettura del testo di Guido Andrea Pautasso, http://cucinafuturista.blogspot.it/2012/03/la-cucina-futurista-i-misteri-di-un-libro.html.

MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA

La Cucina futurista

André Charpentier, La cucina futurista
Jules Maincave, chef futurista, concede in anteprima a “Fantasio” il suo manifesto.
-          Una fumisteria, la cucina futurista? ...Chi osa dirlo?...Per le ceneri di Vatel, se sapessi…
Indignato, coi pugni serrati, il volto improvvisamente rosso, Jules Maincave, il promotore della cucina futurista, mi si pianta davanti in una posizione di sfida.
Poi, tutto fremente, estrae da un cassetto e mi sbatte sotto gli occhi un fiume di ritagli di giornali.
Dopo il cuoco futurista, per fugare tutti i miei dubbi, m’obbliga a scorrere tre dozzine di lettere d’approvazione inviate da chef, chimici, medici, buongustai…
-          E sono stato intervistato da molti corrispondenti di giornali stranieri, signore, e ho ricevuto da un dottore di Londra, il dottor Madison, offerte superbe per andare a sperimentare in Inghilterra i procedimenti della cucina futurista.
-          Pensate alla Francia, Maincave – l’ho supplicato – Restateci fedele! Non sia mai che l’Inghilterra ci rubi i segreti della cucina futurista.
Calmato, soddisfatto della mia fiducia, Jules Maincave volle comunicarmi il manifesto della cucina futurista che aveva appena ultimato e di cui riservava l’anteprima a “Fantasio”.
Ecco la copia esatta di questo documento sensazionale:
Manifesto della cucina futurista
Cucine, prigioni appestate, cantine per carogne, tenebrose officine dove si elaborano i roux immondi, caverne d’infezione dove dei loschi banditi impastano lo scipito e nauseante pasto da gettare nei milioni di bocche umane che si spalancano a ore fisse verso una soddisfazione mai appagata!
Da secoli l’uomo, come una bestia, si pasce. Non ha ancora mangiato.
Un centinaio di individui ignobili quanto ignari, fregiati del pomposo titolo di “chef” e infatuati delle loro funzioni, si accaniscono ad annullare nell’uomo la sensazione gustativa e a corrodere la “tattilità” della bocca, che non è più che un apparato masticatorio invece di essere – ciò che è il fine della sua creazione – il centro dei più intensi godimenti. Il palato umano, destinato ai piaceri raffinati della tavola, è diventato una pattumiera.
È venuto il tempo di reagire contro una situazione che prolungandosi rischia di abbassare l’uomo al rango dei ruminanti. Noi vogliamo una cucina adeguata alla comodità della vita moderna e alle ultime concezioni della scienza. Unica tra tutte le arti, l’arte culinaria ristagna in un bestiale stato primitivo. Noi aspettiamo ancora una vivanda veramente nuova. Gli stessi piatti sfilano sulle tavole vergognosamente truccati; cambiano solo i nomi ridicoli e pretenziosi con cui sono serviti.
Al futurismo spetta di rinnovare l’arte culinaria. Il futurismo, dopo aver sorvolato il mondo con l’ala liberatrice, atterra oggi sull’arena della vita pratica; secondo il suo forte intendimento, nulla di ciò che riguarda l’umanità lo trova indifferente; non solo agita gli uomini e le idee, ma anche le cose. La bocca, attraverso cui passa l’alimento dispensatore di energia, è la parte essenziale del corpo; il futurismo comincia a proteggerla contro i tentativi infami dei venali Borgia. Cuochi e sguatteri, avventurieri sfrontati, la vostra livrea bianca sarà il vostro sudario. Noi proietteremo i raggi del nostro sole nell’antro delle vostre cucine, e le tenebre saranno dissipate. Noi metteremo sottosopra i vostri buffet, noi rovesceremo i vostri fornelli, noi getteremo nei rigagnoli le vostre paste di peste e le fiale di pus.
Il modo attuale di preparare le vivande è stupido e abitudinario. Esso è fondato su principi irrazionali. La cucina futurista fa tabula rasa di tutte le schiavitù culinarie riguardo al metodo. Essa parte all’attacco delle due formidabili Bastiglie della cucina moderna: le misture e gli aromi.

Le misture. Il metodo tradizionale esclude certe mescolanze e ne autorizza altre. Perché questa differenza di trattamento? Mistero. L’olio sposato all’aceto forma una salsa classica, ma l’idea di unire del rhum al sugo di maiale è considerata una stramberia. Eppure! ...La cucina futurista ha dunque per scopo di avvicinare alimenti e liquidi oggi separati per una così strana cautela e di provocare, per mezzo di quest’incontro, sensazioni gustative inedite.

Gli aromi. I condimenti culinari sono ridicolmente limitati: noi siamo ancora all’alloro, al prezzemolo, al timo, al cipollotto, allo scalogno. Invece i progressi della chimica moderna permettono di utilizzare, senza nocività, nella preparazione delle vivande, tutti i profumi conosciuti: rosa, violetta, mughetto, lillà, verbena, e i loro composti. Ugualmente i liquori e i succhi di frutta possono e debbono adattarsi a qualunque combinazione culinaria.

La bevanda. La cucina futurista, senza respingere sistematicamente i vini, esige la presenza sulla tavola di tutte le essenze di fiori o di frutti, così che ciascun invitato possa unire all’acqua il suo aroma preferito, quando la ricetta futurista non specificherà che tipo di aroma usare…
Infine noi siamo preoccupati dalla collocazione dell’office e dei fornelli nello stabile moderno. La cucina futurista non ammette che le vivande siano elaborate in sottosuoli tenebrosi. Noi, cucinieri futuristi, abbiamo bisogno di luce, d’aria aperta, di cielo! Noi piazziamo dunque la cucina sulla cime della casa, come lo studio di un artista.
Del cielo deve entrare nella composizione degli alimenti: come pure certi piatti necessitano d’essere preparati a mezzogiorno, altri all’alba; altri ancora esigono i raggi del crepuscolo. La ricetta futurista indicherà l’ora dell’elaborazione del piatto.
Jules Maincave, “chef” futurista
9, rue Georges-Saché (XIVe)

Mi felicitai con Jules Maincave per lo stile letterario del suo manifesto.
Mi permise quindi di consultare il suo quaderno di ricette futuriste. Vi scorsi delle cose poco banali: delle rane farcite di un battuto di gamberetti rosa, delle uova in camicia nel sangue di bue, da servire su un purè di patate allo sciroppo di lampone, dei filetti di sogliola alla crema Chantilly, spolverati di lische pestate.
-          Non potreste, mio caro Maincave – domandai allora allo “chef” futurista – darmi un piatto speciale, esclusivo, per “Fantasio”?
Maincave, generoso, non si è fatto pregare:
-          Vi offro la mia ultima creazione. Scrivete, - mi disse.
E io scrissi:
Filetto di bue alla “Fantasio”
(Ora di preparazione: dalle 10 del mattino a mezzogiorno.
Bevanda raccomandata: un cucchiaio da brodo di cognac in un bicchiere d’acqua).
Fate cuocere un bel pezzo di filetto di bue. Tagliatelo in fettine che disporrete su un piatto fondo pieno di rhum. Lasciate marinare le vostre fette dieci minuti, poi datele fuoco. Trattate le vostre fette come la classica omelette al rhum. Fate un battuto di piccoli sgombri cotti alla griglia. Adagiate questo battuto su un letto di gelatina d’una confettura di vostra scelta, di preferenza ribes. Da mangiare molto caldo.

Dopo tutto ciò, se il cuore ve lo consiglia, assaggiate

André Charpentier, “La cuisine futuriste”, “Fantasio”, 8° année, n.171, Paris 1 septembre 1913.

LA CUCINA FUTURISTA
Manifesto della cucina futurista

Alla vigilia della guerra vi fu un vivo clamore di polemiche nella stampa francese pro e contro le teorie culinarie futuriste di un notissimo e abilissimo cuoco francese Jules Maincave.
Il mio incontro e la mia conversazione con questo geniale artista del palato dovevano essere seguiti dal lanciamento del suo manifesto della cucina futurista perfezionato e completato.
Questo lanciamento non avvenne perché Maincave arruolatosi e divenuto cuoco del 90° Reggimento fanteria in linea nelle Argonne non poté più occuparsi di propaganda.
Il Figaro raccontò più tardi come il generale Gouraud s’interessò dei piatti futuristi e particolarmente di certe “costoletta d’attacco” e “costoletta di resistenza” create da Maincave per preparare gli ufficiali all’assalto.
Recatosi a ispezionare quel reggimento Gouraud volle conoscere Maincave che gli offrì un pranzo. Gouraud disse: Mi piace e ne riprendo”.
Il cuoco-artista rispose commosso: “Ciò mi fa più piacere che la mia croce di guerra! Ho cucinato questo pranzo, come sempre, col fuoco stesso del nemico”.
Quel fuoco glorioso uccise Maincave. Recentemente fra le carte dell’eroico cuoco venne ritrovato il manifesto integrale della cucina futurista.
Lo offriamo ai lettori invitandoli a trarne conclusioni e sviluppi.
F.T. MARINETTI


MANIFESTO DELLA CUCINA FUTURISTA
Cucina, prigione appestata, cantina per carogne, tenebrosa officina dove si elaborano salse immonde, caverne d’infezione dove dei loschi banditi preparano lo scipito e nauseante pasto da gettarsi nei milioni di bocche umane a ore fisse spalancate verso un desiderio mai appagato!
Da secoli l’uomo, come una bestia, si pasce.
Non ha ancora mangiato. Un centinaio d’individui ignobili e ignari, mascherati dal nome pomposo di “chefs” e infatuati della loro funzione si accaniscono ad annullare nell’uomo la sensazione gustativa e a corrodere il tatto della bocca, che non è più che un apparecchio masticatorio invece di essere – ciò che è lo scopo della creazione – il centro dei maggiori godimenti. Il palato umano destinato ai piaceri raffinati della tavola è divenuto un semplice imbuto.
E’ venuto il tempo di reagire a una situazione che prolungandosi rischia di abbassare l’uomo al piano dei ruminanti.
Noi vogliamo una cucina adattata all’igiene della vita moderna e alle ultime concezioni della scienza. Unica fra tutte le arti, quella culinaria stagna in un bestiale stato primitivo.
Noi aspettiamo ancora una vivanda veramente nuova. Gli stessi piatti sfilano sulle tavole, vergognosamente truccati; unico cambiamento il ridicolo e pretenzioso nome sotto cui si servono.
Al futurismo spetta rinnovare l’arte culinaria. Il futurismo dopo aver sorvolato il mondo con la sua ala liberatrice, atterra oggi nell’arena della vita pratica: secondo la sua forte parola, nulla di ciò che interessa l’umanità lo trova indifferente, non solo agita gli uomini e le idee, ma anche le cose. La bocca da cui passa l’alimento dispensatore d’energia, è la parte essenziale del corpo; il futurismo intraprende la sua difesa contro i tentativi mercantili.
Cuochi e sottocuochi, avventurieri sfacciati, la vostra livrea bianca sarà il vostro sudario.
Noi proietteremo i raggi del nostro sole nell’antro della cucina e le tenebre saranno dissipate. Noi disordineremo i vostri armadi, noi rovesceremo i vostri fornelli, noi getteremo nei ruscelli le vostre paste di peste e le vostre fiale di pus.
Il modo attuale di accomodare le vivande è stupido e banale. E’ fondato su principi irrazionali. La cucina futurista fa tavola rasa di tutti i metodi di cucina. Si attacca alle due formidabili Bastiglie della cucina moderna: le miscele e gli aromi.
Le miscele: Il metodo tradizionale esclude certe miscele e ne autorizza altre. Perché questa differenza? Mistero. L’olio sposato all’aceto è una salsa classica, ma l’idea di mescolare p.es. il rhum a del sugo di porco è qualificata pazza. Eppure! ...
La cucina futurista ha dunque per scopo di avvicinare alimenti e liquidi oggi separati e di provocare con questi incontri sensazioni gustative inedite.
Gli aromi: I condimenti sono ridicolmente limitati: siamo ancora al lauro, timo, prezzemolo, cipolla, aglio. I prodotti della chimica moderna ci permettono d’utilizzare, senza danno, tutti i profumi conosciuti. Rosa, violetta, lilla, mughetto e i loro composti. Ugualmente i liquori e sughi di frutta possono e debbono adattarsi a qualsiasi combinazione culinaria.
Bevande: La cucina futurista senza respingere sistematicamente i vini esige la presenza sulla tavola di tutte le essenze di fiori e frutti, così che ciascun invitato possa unire all’acqua il suo aroma favorito, quando la ricetta futurista non specifichi quale prendere.
Infine noi siamo preoccupati della sistemazione dell’ufficio e dei fornelli nella casa. La cucina futurista non ammette che i cibi siano elaborati nel sottosuolo buio.
A noi, cuochi futuristi, occorre della luce, della piena aria, del cielo!
Noi mettiamo la cucina in alto della casa, come lo studio dell’artista. Del cielo deve entrare nella composizione degli alimenti, come pure certi piatti chiedono di essere preparati a mezzogiorno, altri all’alba, altri esigono i raggi crepuscolari.
Ricette futuriste: rane riempite di una pasta di granchiolini di mare rosa.
-          Uova affogate nel sangue di bue da servirsi su una purée di patate al siroppo di lampone.
-          Filetti di sogliola alla crema Chantilly spolverati di lische pestate.
-          Filetto di bue (ora di preparazione dalla 10 del mattino a mezzogiorno).
Bevanda raccomandata, un cucchiaio di cognac in un bicchiere d’acqua.
Fate cuocere un bel pezzo di filetto di bue. Tagliate in pezzi fini che disporrete in un piatto fondo pieno di rhum. Lasciate in bagno i pezzi di carne per 10 minuti poi mettete al fuoco. Fate con questi pezzi come con la classica frittatina al rhum. Fate un pesto di piccoli sgombri cotti alla gratella. Introducete questo pesto fra un letto di gelatina di frutta a vostra scelta, ribes di preferenza. Da mangiarsi molto caldo.
Niente di più squisito che:
-          Una frittata alle ostriche;
-          Una noce di vitello a l’absinthe;
-          Bue al kummel guarnito di dischetti di banana riempita di gruviera;
-          Una crema sbattuta ai pomodori bagnata di un vecchio cognac;
-          Una cotoletta alla menta;
-          Un pollo al mughetto.
                                                                                                                          Jules MAINCAVE
                                                                                                                              cuoco futurista
                                                                                                                      9 rue Georges Saché, Paris

Filippo Tommaso Marinetti, “La cucina futurista. Manifesto della cucina futurista”, “La Fiera Letteraria”, anno III, n.21, Milano domenica 22 maggio 1927.

CUCINA FUTURISTA
S.E. Marinetti lancia il nuovo verbo per la cucina futurista




Il Futurismo italiano, padre di numerosi futurismi e avanguardismi esteri, non rimane prigioniero delle vittorie mondiali ottenute “in venti anni di grandi battaglie artistiche politiche e spesso consacrate col sangue” come le chiamò Benito Mussolini. Il Futurismo italiano affronta ancora l’impopolarità con un programma di rinnovamento totale della cucina,
Fra tutti i movimenti artistici letterari è il solo che abbia per essenza l’audacia temeraria. Il novecentismo pittorico e il novecentismo letterario sono in realtà due futurismi di destra moderatissimi e pratici.
Contro la pasta asciutta
Il Futurismo è stato definito dai teosofi “misticismo dell’azione”, da Benedetto Croce “antistoricismo”, da Graca Aranha “liberazione dal terrore estetico”, da noi “orgoglio italiano novatore”, formula di “arte-vita originale”, “religione della velocità”, “massimo sforzo dell’umanità verso la sintesi”, “igiene spirituale”, “metodo d’immancabile creazione”, “splendore geometrico veloce”.
Antipraticamente, quindi, noi futuristi trascuriamo l’esempio e il monito della tradizione per inventare ad ogni costo un nuovo giudicato da tutti pazzesco.
Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia.
Sentiamo inoltre la necessità di impedire che l’Italiano diventi cubico massiccio impiombato da una compattezza opaca e cieca. Si armonizza invece sempre più coll’italiano, snella trasparenza spiralica di passione tenerezza luce volontà slancio tenacia eroica. Prepariamo una agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti di ferro legno acciaio.
Convinti che nella probabile conflagrazione futura vincerà il popolo più agile più scattante, noi futuristi dopo aver agilizzato la letteratura mondiale con le parole in libertà e lo stile simultaneo, svuotato il teatro della noia mediante sintesi alogiche a sorpresa e drammi di oggetti inanimati, immensificato la plastica con l’antirealismo, creato lo splendore geometrico architettonico senza decorativismo, la cinematografia e le fotografie astratte, stabiliamo ora il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce.
Crediamo anzitutto necessaria:
      a)  L’abolizione della pasta asciutta assurda religione gastronomica italiana.
Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso il roast-beef e il budino, agli olandesi la carne cotta col formaggio, ai tedeschi il sauer kraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pasta asciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pasta asciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che trona spesso il loro entusiasmo.
Invito alla chimica
La pasta asciutta, nutritivamente inferiore del 40% alla carne al pesce ai legumi, lega coi suoi grovigli gli italiani di oggi ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri in cerca di vento. Perché opporre ancora il suo blocco pesante all’immensa rete di onde corte lunghe che il genio italiano ha lanciato sopra oceani e continenti, e ai paesaggi di colore forma rumore che la radiotelevisione fa navigare intorno alla terra? I difensori della pasta asciutta ne portano la palla o il rudero nello stomaco come ergastolani o archeologhi. Ricordatevi poi che l’abolizione della pasta asciutta libererà l’Italia dal costoso grano straniero e favorirà l’industria italiana del riso.
            b) L’abolizione del volume e del peso nel modo di concepire e valutare il nutrimento.    
      c) L’abolizione delle tradizionali miscele per l’esperimento di tutte le nuove miscele apparentemente assurde, secondo il consiglio di Jarro, Maincave e altri cuochi futuristi
d    d)  L’abolizione del quotidianismo mediocrista nei piaceri del palato
Invitiamo la chimica al dovere di dare presto al corpo le calorie necessarie mediante equivalenti nutritivi gratuiti di Stato, in polvere o pillole, composti albuminoidei, grassi sintetici e vitamine. Si giungerà così ad un reale ribasso del prezzo della vita e dei salari con relativa riduzione delle ore di lavoro. Oggi per duemila Kilowatt occorre soltanto un operaio. Le macchine costituiranno presto un obbediente proletariato di ferro acciaio alluminio al servizio degli uomini quasi totalmente alleggeriti dal lavoro manuale. Questo, essendo ridotto a due o tre ore, permette di perfezionare e nobilitare le altre ore col pensiero le arti e la pregustazione di pranzi perfetti.
In tutti i ceti i pranzi saranno distanziati ma perfetti nel quotidianismo degli equivalenti nutritivi.
Il pranzo perfetto esige:
1    1)  Un’armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande.
2    2) L’originalità assoluta delle vivande.
Il “Carneplastico”
Esempio: per preparare il Salmone dell’Alasca, ai raggi del sole con salsa Marte, si prende un bel salmone dell’Alasca, lo si trancia e passa alla griglia con pepe sale e olio buono finchè è bene dorato. Si aggiungono pomodori tagliati a metà preventivamente colti sulla griglia con prezzemolo e aglio.
Al momento di servizio si posano sopra alle trancie dei filetti di acciughe intrecciati a dama. Su ogni trancia una rotellina di limone con capperi. La salsa sarà composta di acciughe tuorli d’uova sode basilico olio d’oliva un bicchierino di liquore italiano Aurum e passata al setaccio. (Formula di Bulgheroni primo cuoco della Penna d’Oca).
Esempio: Per preparare la Beccaccia al Monterosa salsa Venere, prendete una bella beccaccia, pulitela, copritene lo stomaco con delle fette di prosciutto e lardo, mettetela in casseruola con burro sale pepe ginepro, cuocetela in un forno molto caldo per quindici minuti innaffiandola di cognac. Appena tolta dalla casseruola posatela sopra un crostone di pane quadrato inzuppato di Rhum e Cognac e copritela con una pasta sfogliata. Rimettetela poi nel forno finchè la pasta è bene cotta. Servitela con questa salsa: un mezzo bicchiere di marsala e vino bianco, quattro cucchiai di mirtilli della buccia di arancio tagliuzzata , il tutto bollito per 10 minuti. Ponete la salsa nella salsiera e servitela molto calda. (Formula di Bulgheroni primo cuoco della Penna d’Oca).
3    3) L’invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra.
Esempio: Il Carneplastico creato dal pittore futurista Fillìa, interpretazione sintetica dei paesaggi italiani, è composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro disposto verticalmente nel centro del piatto. È incoronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo.
“Equatore + Polo Nord”
Esempio: il complesso plastico mangiabile Equatore + Polo nord creato dal pittore futurista Enrico Prampolini è composto di un mare equatoriale di tuorli rossi d’uova all’ostrica con pepe sale limone. Nel centro emerge un cono di chiaro d’uovo montato e solidificato pieno di spicchi d’arancio come succose sezioni di sole. La cima del cono sarà tempestata di pezzi di tartufo nero tagliati in forma di aeroplani negri alla conquista dello zenit.
Questi complessi plastici saporiti colorati profumati e tattili formeranno perfetti pranzi simultanei.
4    4)  L’abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale.
5    5)  L’uso dell’arte dei profumi per favorire la degustazione. Ogni vivanda deve essere preceduta da un profumo che verrà cancellato dalla tavola mediante ventilatori.
6    6)  L’uso della musica limitato negli intervalli tra vivanda e vivanda perché non distragga la sensibilità della lingua e del palato e serva ad annientare il sapore goduto ristabilendo una verginità degustativa.
7    7)   L’abolizione dell’eloquenza e della politica a tavola.
8    8)   L’uso dosato della poesia e della musica come ingredienti improvvisi per accendere colla loro intensità sensuale i sapori di una data vivanda.
9    9)   La presentazione rapida tra vivanda e vivanda, sotto le nari e gli occhi dei convitati, di alcune vivande che essi mangeranno e di altre che essi non mangeranno, per favorire la curiosità la sorpresa e la fantasia.
1    10)  La creazione dei bocconi simultanei e cangianti che contengano dieci venti sapori da gustare in pochi attimi. Questi bocconi avranno nella cucina futurista la funzione analogica immensificante che le immagini hanno nella letteratura. Un dato boccone potrà riassumere un’intera zona di vita, lo svolgersi di una passione amorosa o un intero viaggio nell’Estremo Oriente.
Strumenti scientifici in cucina 
1    11)  Una dotazione di strumenti scientifici in cucina: ozonizzatori che diano il profumo dell’ozono a liquidi e a vivande, lampade per emissione di raggi ultravioletti (poiché molte sostanze alimentari irradiate con raggi ultravioletti acquistano proprietà attive, diventano più assimilabili, impediscono il rachitismo nei bimbi, ecc.), elettrolizzatori per scomporre succhi estratti ecc. in modo da ottenere da un prodotto noto un nuovo prodotto con nuove proprietà, mulini colloidali per rendere possibile la polverizzazione di farine frutta secca droghe ecc. ad un elevatissimo grado di dispersione, apparecchi di distillazione a pressione ordinaria e nel vuoto, autoclavi centrifughe, dializzatori. L’uso di questi apparecchi dovrà essere scientifico, evitando p.es. l’errore di far cuocere le vivande in pentole a pressione di vapore, il che provoca la distruzione di sostanze attive (vitamine, ecc.) a causa delle alte temperature. Gli indicatori chimici renderanno conto dell’acidità e della basicità degli intingoli e serviranno a correggere eventuali errori: manca il sale, troppo aceto, troppo pepe, troppo dolce.
F.T. Marinetti

Filippo Tommaso Marinetti, “Manifesto della cucina futurista”, “La Cucina Italiana. Giornale di gastronomia per le famiglie e i buongustai”, anno III, n.1, Milano 15 gennaio 1931.

BIBLIOGRAFIA

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Filippo Tommaso Marinetti, “Manifesto della cucina futurista. S.E. Marinetti lancia il nuovo verbo per la cucina futurista”, “La Cucina Italiana. Giornale di gastronomia per le famiglie e i buongustai”, anno III, n.1, Milano 15 gennaio 1931.

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Filippo Tommaso Marinetti, “Manifesto della cucina futurista” in Taverna Futurista Santopalato via Vanchiglia 2 – Torino. Inaugurata da S.E. Marinetti. Decorata d Diulgheroff e Fillia. Realizzazione della cucina Futurista italiana. Ambienti di artisti novatori. Proprietari: Giachino e Bosio, Anonima Roto-Stampa, s.d. (ma 1931); si tratta del menu del ristorante ‘Taverna Santopalato’ inaugurato a Torino l’8 marzo 1931.

Filippo Tommaso Marinetti, “Pastasciutta, blocco pesante (Polemica di S.E. Marinetti)”, “Gli oratori del giorno. Rivista Mensile d’Eloquenza”, anno V, n.9, Roma settembre 1931 (dove appare un breve stralcio del “Manifesto della cucina futurista”).

Filippo Tommaso Marinetti, “Manifesto della cucina futurista”, “Chiavari Anno X”, Chiavari 22 novembre 1931.

Marinetti [Filippo Tommaso] e Fillia [pseud. di Luigi Colombo], La cucina futurista, Milano, Sonzogno, s.d. (ma 1932).

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