GRAN PRANZO
FUTURISTA
Direttore di cucina: THAYAHT
Ritratto
di Thayaht, artista futurista
Thayaht,
nome d’arte di Ernesto Michaelles, fiorentino d’adozione, cittadino svizzero e
bisnipote del padre della scultura americana Hiram Powers, atletico, slanciato,
elegante, aristocratico, fu descritto dallo scultore Antonio Maraini (nel
volume Ernesto Thayaht, scultore pittore
orafo) come esteta, la cui ricercatezza era «espressione genuina di un
dandismo tutto naturale», e come artista che aveva abbracciato il futurismo
quasi questo fosse «un precetto morale», «una norma e uno stimolo di vita».
Mentre il figlio di Antonio, Fosco, all’epoca fotografo futurista, riconosceva a
Thayaht di essere dotato di un talento «assai fuori dal comune» che lo portò a
disegnare e a dipingere «in tre o quattro stili diversi», a scolpire «in chiave
tradizionale» o da «futurista spinto», e a spaziare in tutti i campi dell’arte –
anche in quelle applicate – come «oreficeria, ceramica, moda femminile e
maschile, manifesti pubblicitari, rilegature, fotografia, cravatte, nudi, arte
esotica, archeologia».
Forse
fu proprio questo disordine creativo
di stampo avveniristico a spingere Thayaht ad avvicinarsi al movimento
futurista: avvicinamento non affatto casuale, dato che egli stesso si
considerava molto più futurista dei futuristi, come scrisse in un appunto
datato 27 e 28 aprile del 1929: «Gita a Lucca per far conoscenza con F.T.
Marinetti, futurista. Forse aderirò al Movimento. Sono più futurista io di
loro!».
L’incontro con Marinetti, presentatogli a Lucca dal suo amico e
compagno di scuola Primo Conti, assieme al compositore Franco Casavola e
all’artista Fedele detto Dinamo Azari, gli fu fatale. Da allora Thayaht
abbracciò definitivamente il Futurismo e dette vita a scultoree sintesi plastiche e ad «esplosioni
pittoriche» che Rinaldo Cortopassi, nello scrivere delle opere esposte alla I° Mostra Estiva Viareggina del Sindacato
Artisti nel 1934, definì delle pure espressioni di «Dinamismo; simultaneità
di toni e di valori, e di rapporti; sintesi. Gioia di colore determinante masse
in moto, linee e giri di forze; luminosità diffusa ed iridescente».
Pittore
– soprattutto aeropittore – e scultore dalle linee sinuose, Thayaht presentò le
sue opere nelle occasioni ufficiali del movimento futurista: fu invitato a
partecipare a diverse Biennali a Venezia, alle Quadriennali d’Arte Nazionale a
Roma, e alle mostre organizzate alla celebre Galleria Pesaro di Milano. Inoltre
organizzò, assieme ad Antonio Marasco, l’importante Mostra Futurista Toscana nella Galleria d’Arte di Palazzo Ferroni a
Firenze: esposizione, presentata nel 1931 da Marinetti, che ebbe uno straordinario
successo di pubblico, con quasi duemila visitatori.
Inventore
eccezionale, Thayaht, che si interessò di teosofia, di fenomeni paranormali e
di esoterismo, ideò la Traiettiva,
ovvero una teoria basata sia sull’evoluzione della rinascimentale scienza
prospettica, sia sui principi formulati dal architetto, artista e teosofo
americano Claude Bragdon nel saggio Four
dimensional vistas (1930); e creò
una lega speciale in alluminio ed argento destinata all’oreficeria e alla
produzione di medaglie chiamata Taiattite
(con la quale vinse la medaglia d’oro all’Esposizione
Internazionale di Barcellona nel
1930); si occupò di architettura e di scenografia: assieme al fratello Ram
(Ruggero Michaelles) elaborò il progetto Case
in serie. Brevetto per Casolaria (Casa Razional Estendibile); progettò un Teatrino all’aperto per l’Opera
Nazionale Dopolavoro di Marina di Pietrasanta; realizzò decorazioni, sculture e
arredi destinati a decorare l’esterno di ville e palazzine in Toscana e in
Versilia. Inoltre Thayaht elaborò il brevetto dell’apparecchio Fotoscena, da utilizzare per costruire
piccole scene tridimensionali con fotomontaggi ed effetti speciali; disegnò
mobili esposti all’Esposizione Internazionale
d’Arti Decorative a Monza nel 1923 e nel 1927, e preparò i bozzetti per
tende e arazzi, e tappeti e cuscini poi realizzati dall’Opera Mutilati di
Firenze. Guardando ad un naturismo virile, energetico, sportivo e guerriero, igienico e lontano dalle
tendenze nudiste, Thayaht, assieme al pittore e scenografo Enrico Prampolini,
progettò la creazione della prima Colonia
futurista naturista italiana, da far nascere nei pressi del lungomare tra
Marina di Pietrasanta e Forte dei Marmi.
Capolavoro assoluto dell’inventiva di
Thayaht fu la realizzazione di una ingegnosa opera tecnologica: il Carro-vela, quadriciclo dotato di randa,
fiocco e volante, progettato per sfrecciare sulla sabbia e sulla battigia
stringendo il vento di bolina come se il pilota si trovasse a bordo di una
barca a vela impegnata in una regata e la cui velocità, dichiarata dall’artista,
era di «50 km. l’ora col maestrale e i 70 col libeccio».
Proto-fashion designer, ancor prima di
proclamarsi futurista, Thayaht, assieme al fratello Ram, creò, tra il 1919 e il
1920, la T-Tuta o Tuta a linee rette: abito in grado di andare oltre tutti i criteri
formali delle collezioni di moda e contro ogni tipologia di linguaggio sartoriale.
A parte le creazioni realizzate a Parigi per l’atelier della stilista francese Madame Vionnet, Thayaht disegnò una
gamma di modelli di abiti e di accessori destinati a cambiare la moda maschile
e femminile in maniera estremamente fantasiosa, come i cappelli futuristi di
paglia, nati Per il sole e contro il sole,
pensati in funzione di un loro utilizzo in condizioni atmosferiche e in
ambienti particolari.
Ritenendo
necessaria la realizzazione di una moda caratterizzata dal vestire vivace,
colorato, semplice e pratico, Thayaht pubblicò nel giugno del 1930 il manifesto
“Estetica nel vestire. Moda solare, moda futurista”, nel quale si dichiarò
contrario alla «monotonia estetica» e alle «formule del vestire create sotto ai
cieli grigi e tristi delle metropoli nordiche», basate su «colori
neutralizzati», adatti «per nascondere la polvere e il sudicio» e per questo
«fondamentalmente antiluminosi, antiigienici e antigiovanili». Così, in nome di
un radicale rinnovamento della moda e assolutamente in anticipo sui tempi, l’artista-stilista
futurista ipotizzando la creazione ante-litteram
di un stile Made in Italy, invocò la
costituzione di una vera e propria «moda nazionale» attraverso la quale
realizzare abiti sintetici ma carichi
di valori estetici e liberati da ogni possibile «infagottatura e costrizione».
THAYAHT: DIRETTORE
DI CUCINA FUTURISTA
Attratto
dal «perfezionamento fisico e spirituale dell’uomo», in nome di «un trionfo di
una vita rinnovata utile all’individuo e alla nazione, intimamente legata alle
possibilità della natura» – come scrisse in “Dieta agilizzante” (testo che
analizzeremo nel dettaglio in un prossimo saggio sul blog), Thayaht si avvicinò
ai principi filo-naturisti propagandati dai futuristi che invocavano l’avvento
«di una alimentazione italiana, di una tipica vita legata alle forze della
nostra natura, di una moda e di un’arte italiana» (per usare le parole di Fillia
inviate all’artista in una cartolina del 1935) e, lui stesso si prodigò per la
realizzazione di un pranzo futurista altamente spettacolare destinato a
celebrare anche a Firenze la creatività della gastronomia del movimento
marinettiano.
Forse fu proprio
questa particolare attrazione dimostrata nei confronti dei programmi culinari proposti
dai futuristi a far sì che Marinetti e Fillia citassero, nella summa della Cucina Futurista, la figura di Thayaht,
ricordandolo come aeroscultore nella «formula» pensata per il “Pranzo
aeroscultoreo in carlinga”:
«Nella grande
carlinga di un Trimotore, fra le aerosculture di metalli applicati dei
futuristi Mino Rosso e Thayaht, i commensali prepareranno una pasta di fecola
di patate, cipolline, uova, polpa di gamberi, pezzi di sogliola, pomodoro e
polpa di aragosta, pandispagna e gallette tritate, zucchero semolato e profumato
alla vaniglia, frutta candite e formaggio gruyère, innaffiata abbondantemente
con Vin Santo toscano. Ne riempiranno undici stampi (spalmati di burro e
infarinati) ognuno di una forma tipica di montagna, burrone, promontorio o
isolotto. Li faranno tutti cuocere elettricamente. Gli 11 pasticci, liberati
poi dagli stampi, saranno serviti su un grande vassoio al centro della
carlinga, mentre i commensali palleggeranno e divoreranno masse di chiara
d’uovo montata a panna come fa il vento fuori coi cirri e coi cumuli bianchi».
Nonostante
la citazione nel volume di Marinetti e Fillia per meriti artistici, Thayaht
ebbe la sua consacrazione ufficiale a «direttore di cucina» futurista soltanto
nel 1934. Tale riconoscimento fu rilasciato all’artista in occasione
dell’organizzazione del primo GRAN PRANZO
FUTURISTA, che avrebbe dovuto tenersi, alla presenza di Marinetti, a
Firenze il 3 marzo, nella sala tea-room
della ‘Bianca’ (in via dei Pescioni), sede dei soci dell’Opera Nazionale di
Assistenza all’Italia Redenta e già Palazzo di Parte Guelfa. Lo stesso anno, il
pranzo, sempre sotto la guida del direttore gastronomico Thayaht, avrebbe
dovuto essere ripetuto al Club dei Giovani con un programma alquanto
spettacolare; tuttavia non è stato possibile rinvenire alcuna traccia sul fatto
che gli eventi abbiano avuto luogo realmente*.
Restano comunque
a testimoniare il ruolo principale svolto da Thayaht nello sviluppare un
programma gastronomico futurista nella città di Firenze, l’invito redatto per
il pranzo alla ‘Bianca’ e l’articolata lista delle vivande pensata per il
banchetto destinato ad essere realizzato al Club dei Giovani. Per questa
occasione in particolare, Thayaht ideò un banchetto altamente suggestivo, dove
ogni portata avrebbe dovuto essere annunziata da un colpo di gong, dopo il
quale, di volta in volta, sarebbero state «date dall’alto parlante le
necessarie istruzioni» ai commensali, mentre una sirena avrebbe
proclamato l’arrivo della frutta e la conclusione del banchetto. GRAN PRANZO FUTURISTA avrebbero dovuto
essere serviti una serie di piatti legati a tematiche sensoriali e lo stesso
menu avrebbe dovuto essere inteso come lo sviluppo di uno spartito musicale:
coda di rondine all’uliva (preludio)
fieno fortunoso (piatto tattile)
sangue
di buffalo alla rosa (entrata olfattiva)
cibreo nella cupola (sensazione
architettonica)
pesce all’iride (piatto visivo)
milanese sul danubio (intermezzo colorato)
carta vetrata alla vitamina (pietanza
tattile-ricostituente)
arrivo di
primavera (choc tattile-olfattivo)
pomodoro al magnesio (impressione
gelata)
frutta con la sirena (finale uditivo)
Nonostante
il GRAN PRANZO FUTURISTA forse non
venne mai realizzato, questo evento pensato da Thayaht, seguendo pedissequamente
i crismi e le metodologie di manipolazione delle vivande indicate dall’arte
cucinaria dei futuristi, dimostrò la portata della creatività estrema dell’artista,
stilista e proto-designer pronto ad indossare persino i panni dell’innovativo direttore della cucina
futurista.
Inizialmente
pensata da Marinetti e da Fillia come evento spettacolare destinato a
rivoluzionare il gusto degli italiani, la gastronomia futurista confermava,
anche attraverso l’esperienza e le conoscenze scientifiche in materie
alimentari possedute da Thayaht, quale fosse la sua natura sperimentale di
opera d’arte polimaterica e, al contempo, affermava la sua potenzialità con la
stesura di ricette ancora oggi uniche, deflagranti e veramente godibili non
solo da un punto di vista meramente intellettuale ma in tutto e per tutto,
fisicamente polisensoriale.
Guido
Andrea Pautasso
* In forma privata e confidenziale, un
collezionista ed esperto di Futurismo – che ha chiesto espressamente di voler
mantenere l’anonimato –, messo di fronte ad una serie di interrogativi e di
richieste di delucidazioni da parte dell’autore in merito ai pranzi futuristi
organizzati dall’artista, ha voluto precisare che il Gran Pranzo Futurista fiorentino non ebbe mai luogo né alla
‘Bianca’ né al Club dei Giovani. Ciò è dimostrato dall’esistenza di una
documentazione scritta di Thayaht – ora custodita nel suo archivio personale e non
riproducibile in questo sito –, in cui si afferma che gli eventi furono
annullati causa forza maggiore. Di fronte a tale informazione, l’autore, nello
scrivere il presente testo, ha voluto usare il condizionale.
Bibliografia
Non esiste una
indagine dedicata esclusivamente alla cucina futurista di Thayaht, quindi
riportiamo le indicazioni bibliografiche di testi che, studiando in maniera
precipua la cucina dei futuristi, hanno affrontato la commistione tra arte e
cibo nel percorso artistico individuale dell’artista, e che qui vengono riportati
in ordine cronologico: Claudia Salaris, Cibo
futurista: dalla cucina nell’arte all’arte in cucina (Stampa Alternativa,
Viterbo 2000); Guido Andrea Pautasso, Epopea
della cucina futurista. Mangiare con arte per agire con arte (Galleria
Daniela Rallo, Cremona 2010) e, a cura di Guido Andrea Pautasso, Cucina futurista. Manifesti teorici, menu e
documenti (Abscondita, Milano 2015). Mentre Alessandra Scappini nel volume
da lei curato, Thayaht. Vita, scritti,
carteggi (Mart-Skira, Trento-Milano-Ginevra 2005), ha portato alla luce per
la prima volta i documenti del Gran
Pranzo Futurista, che sono stati poi successivamente esposti alla mostra Progetto Cibo. La forma del gusto, tenutasi al Mart di Rovereto tra il 13
febbraio e il 22 maggio 2013.