EPOPEA DELLA CUCINA FUTURISTA

La cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità,
sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa:
essa invece vuol finalmente creare un'armonia tra il palato degli uomini e
la loro vita di oggi e di domani.
Filippo Tommaso Marinetti

«Mangia con arte per agire con arte»
, sosteneva Filippo Tommaso Marinetti, il primo a rivoluzionare secondo i principii della cucina futurista la gastronomia in Italia e nel mondo. Per scoprire la storia e i segreti della cucina degli artisti futuristi, leggete il volume di Guido Andrea Pautasso, Epopea della cucina futurista, pubblicato (in 300 copie numerate) dalle Edizioni Galleria Daniela Rallo di Cremona.

www.guidoandreapautasso.com
http://vampirofuturista.blogspot.it/

Traduzione in lingua russa di Irina Yaroslavtseva

Переводчик: Ярославцева Ирина



sabato 9 ottobre 2010

Roberto Guerra intervista Guido Andrea Pautasso su EPOPEA DELLA CUCINA FUTURISTA

Epopea della Cucina Futurista
Intervista di Roberto Guerra all'autore, Guido Andrea Pautasso già recensito significativamente da Giampiero Mughini su "Libero", da Pierluigi Battista de il "Corriere della Sera" e persino segnalato in Giappone da Italian Futurism…

D- La sua Epopea della cucina futurista è oggi il libro più esauriente dedicato alla gastronomia futurista, uno degli aspetti più insoliti, provocatori e tuttavia legati alla quotidianità, del movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909.

R- Il libro, frutto di un lungo lavoro di ricerca, nasce proprio con l’intenzione di riportare alla luce le vicende storiche legate alla cucina futurista e racconta la rivoluzione messa in atto dai futuristi in cucina, con un percorso che si snoda dal 1913, quando il cuoco Jules Maincave scrisse il primo “Manifesto della cucina futurista”, sino al 1944, l’anno della scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti. Questo cammino fatto di ricette bizzarre, di aerobanchetti, di poesie strampalate, di ristoranti insoliti rivela come la fusione tra l’arte e la vita professata da Marinetti trovasse uno dei momenti più alti della sua espressività proprio attraverso la gastronomia. Del resto il capo del Futurismo sosteneva che si dovesse mangiare con arte per agire con arte. Era arrivato il momento in cui la gastronomia doveva farsi arte, e rispettare l’armonia e i colori nella mise en place, e il cuoco doveva diventare artista magari osando accostamenti sino ad allora impensabili (proprio come sosteneva Carlo Carrà quando scriveva che la pittura dovesse essere fatta da suoni, rumori, odori). Con il Futurismo il gesto artistico diventava prassi quotidiana e quella che allora appariva una provocazione, ovvero abbattere i gusti borghesi a tavola, oggi è finita per diventare una delle basi fondamentali della gastronomia moderna.

D- Mi parli dei rapporti esistenti tra Futurismo gastronomico e Nouvelle Cuisine.

R- La cucina futurista nacque con l’intento di scoprire sensazioni gustative inedite e gli chef futuristi non potevano che eccitare i sensi appagandoli con «nuove sensazioni tattili-visive-olfattive-termiche-gustative» nascoste negli accostamenti azzardati dei cibi. Tuttavia «i bocconi simultanei e cangianti in grado di contenere venti sapori da gustare in pochi attimi», decantati dalla pattuglia di cuochi-artisti futuristi rimandavano alle ricette alla base dell’antica cucina cinese, alle tradizioni della cucina tedesca e addirittura si rifacevano ai sapori contrastanti delle vivande di Apicio (descritte nel suo De Re Coquinaria Libri), o ai piatti sfrontati di cui si nutriva lo stravagante imperatore romano Antonino Eliogabalo. Il segreto di Marinetti però era quello di raggiungere attraverso la gastronomia l’opera d’arte totale. Tali ricerche, a distanza di quarant’anni, sono diventate parte integrante della Nouvelle Cuisine francese della più recente cucina fusion, ma anche della Haute cuisine, della cosiddetta Cucina creativa, di quella dalla tendenza decostruzionista e molecolare. Se il vero erede della cucina futurista resta Gualtiero Marchesi, perché è stato il primo in Italia ad avvicinarsi agli esperimenti culinari dei futuristi associando alla gastronomia «i concetti di armonia, bellezza, civiltà, colore, genio, gusto, invenzione, leggerezza, mito, territorio, tradizione, verità e semplicità», non bisogna affatto dimenticare le ricerche di chef come Davide Scabin e Davide Oldani, o quelle del fisico Davide Cassi che assieme al cuoco Ettore Bocchia ha dato vita al Manifesto della Cucina Molecolare Italiana. Senza nulla togliere ovviamente a Paul Bocuse e a Ferran Adrià che hanno spettacolarizzato la gastronomia moderna, tuttavia, i cuochi italiani della nostra generazione sono in grado di proporre piatti innovativi che possono garantire la leggibilità dei sapori senza perdersi in mosaici culinari senza capo né coda.

D- La cucina futurista aveva un’anima vegetariana e salutista?

R- I futuristi erano essenzialmente dei provocatori, ma Marinetti che osannava i piatti incredibilmente immangiabili teorizzati nel volume scritto a quattro mani con Fillia, La Cucina Futurista, si professava essenzialmente vegetariano, naturista e niente meno che animalista. In questo era stato preceduto da Umberto Boccioni che, ancor prima di professarsi futurista, nel 1908, dichiarò di essere vegetariano. Leggendo Epopea della Cucina Futurista si scopre anche che Marinetti e Fillia fondarono il Gruppo Naturista Futurista a Torino e che mentre il gruppo futurista andava organizzando aerobanchetti per promuovere la campagna contro la pastasciutta, Ernesto Michaellis in arte Thayaht, proponeva una rigida “Dieta futurista!” per diventare a tutti gli effetti agili e dinamici senza appesantire il fisico con grassi inutili.

D- E qui si lega anche il rapporto esistente tra la gastronomia futurista e la cibernetica…

R- Nel 1932 venne inaugurato a Torino il primo (e unico vero) ristorante futurista italiano, la ‘Taverna del Santopalato’. Allora sulla “Gazzetta del Popolo”, Ercole Moggi scrisse che la capitale sabauda inaugurava «l’era del risorgimento gastronomico italiano» e si soffermava sull’ipotesi di Marinetti di vedere preparate per la prima volta delle nuove vivande destinate agli uomini del futuro, a degli individui pronti a nutrirsi con «alimenti chimici». Moggi sosteneva che non era poi così remota la possibilità di realizzare attraverso la radio la diffusione di «onde nutrienti» e di dare «al corpo le calorie necessarie mediante equivalenti nutritivi in polvere o in pillole». Tuttavia, prima di Moggi, a parlare di cibo sintetico era stato Fillia che, nel racconto “Vita di domani” (pubblicato ne La morte della donna del 1925), aveva descritto un ristorante del futuro dove gli avventori consumavano cibo artificiale smerciato da grandi sportelli distributori attaccati alle pareti metallizzate. Fillia viveva attraverso la scrittura il sogno di un universo fisico e materiale modificato interamente dalla tecnica.

D- Esiste oggi la cucina futurista?

R- Marinetti forse risponderebbe così: la cucina futurista è regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità. Ad alcuni tremebondi passatisti sembrerà pazzesca e pericolosa. Tuttavia, chiunque, assaggiando un piatto nuovo e moderno, vivesse una esperienza simile potrebbe godere in un istante dell’ebbrezza di un piatto futurista.

http://guide.supereva.it/controcultura/interventi/2010/10/epopea-della-cucina-futurista/

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