LA SORPRESA DELLA CUCINA FUTURISTA
Nel dicembre del 1930 una voce proveniente dalla radio
scosse le coscienze degli italiani. Era Filippo Tommaso Marinetti, l’inventore
del movimento futurista, che scandì tre parole sconvolgenti per la nostra
nazione: «Abbasso la pastasciutta!».
Il Futurismo che sin dalla sua fondazione nel 1909 aveva avuto come
progetto una utopica Ricostruzione dell’universo, attraverso il grido del suo
fondatore aveva osato entrare in quello che era considerato il luogo più intimo
e sacro dei cittadini del nostro paese: la Cucina.
Sin dal 1913, Marinetti assieme ad un cuoco francese, Jules
Maincave, aveva lanciato il Manifesto
della cucina futurista, sognando di rivoluzionare la gastronomia italiana
in nome di una sperimentazione non convenzionale delle vivande. La Cucina
futurista doveva infatti essere «una alimentazione nuova, rallegrante,
ottimista, eccitatrice dell’ingegno, poco costosa»: una cucina «umana» che si
scontrasse contro la vecchia e tradizionale «cucina-museo» del passato.
La «rivoluzione cucinaria» di Marinetti, in anticipo sui
tempi, proponeva «lo scopo alto, nobile ed utile a tutti di modificare
radicalmente l'alimentazione fortificandola, dinamizzandola e
spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l'esperienza, l'intelligenza e
la fantasia» sostituissero «economicamente la quantità, la banalità, la
ripetizione e il costo». L’obiettivo era far dimenticare agli italiani «l’uomo
panciuto», «cubico, massiccio, impiombato» che non era un simbolo bensì una
«sintesi alogica di molte sensazioni: paura della realtà futura, freddo e
solitudine della notte, visione della vita 20 anni dopo, ecc.».
Artefici della Cucina futurista erano cuochi ed artisti che
inseguendo il mito della modernità a tavola invocavano l’avvento della chimica,
delle vivande sintetiche e artificiali, e della diffusione per mezzo della
radio di «onde nutrienti». Con Marinetti i piatti diventavano tavolozze di
colori, le stoviglie erano segnate da decorazioni geometrizzanti, le forchette
erano abolite per favorire «degustazioni e piaceri tattili prelabiali»,
l’atmosfera delle sale da pranzo era intrisa di profumi e di Acqua di Colonia
spruzzata da camerieri armati di vaporizzatori, mentre una musica dirompente
caratterizzata da strumenti inusuali come gli intonarumori di Luigi Russolo o
il rombante motore a scoppio di un aeroplano pervadeva l’ambiente.
I ristoranti futuristi, come la Taverna
Santopalato, dovevano riflettere in tutto e per tutto il carattere
innovativo del movimento, e per questo erano caratterizzati dalla presenza di decorazioni
stupefacenti alle pareti e progettati con materiali nuovissimi, come
l’alluminio, che conferiva ai locali una atmosfera metallizzata da
fantascienza. A chi si ritrovava a sedere ai pranzi e agli aerobanchetti
futuristi, tutto ciò conferiva l’esatta percezione di vivere un evento
strabiliante, di partecipare ad un happening
(antelitteram) che gli permetteva di
abbandonare il semplice ruolo di commensale per diventare l’elemento vitale di
un momento unico e sorprendente, mai vissuto prima.
Così Marinetti e i futuristi, anni prima dell’avvento della Nouvelle Cuisine, delle sperimentazioni
della cucina decostruzionista e molecolare, dei cosiddetti food-designer, trasformarono la Cucina
in un vero e proprio laboratorio di
partecipazione attiva ed emotiva alla fusione creativa dell’Arte con la
vita.
Guido Andrea Pautasso
CUCINA E
FUTURISMO
Futurismo e
gastronomia, un legame solido e ricco di spunti originali, a partire da quelli
contenuti nel libro La Cucina Futurista,
pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1932, dove vennero raccolti i testi
programmatici, i menu e le ricette ideate da cuochi, pittori e intellettuali
che inseguivano il sogno di trasformare la tavola degli italiani in un
originale laboratorio artistico. A distanza di 83 anni, Guido Andrea Pautasso,
scrittore e artista poliedrico, di recente ha presentato il volume Cucina
futurista. Manifesti teorici, menu e documenti, edito da Abscondita, che
rivela ai lettori ricette nuove, menu dalle forme straordinarie e componimenti
poetici, anche ironici, dedicati al vino, che non hanno trovato collocazione
nei libri di studio recentemente pubblicati sull’argomento.
Fabio Denti
VINO FUTURISTA: THAYAHT e DUCA DI SALAPARUTA
Sin dagli anni
Trenta, l’artista futurista Thayaht (nome d’arte di Ernesto Michaelles) scrisse
all’amica siciliana Topazia Alliata di Villafranca, moglie dell’intellettuale e
antropologo fiorentino Fosco Maraini, nonché proprietaria dei vini Corvo e
delle cantine Casteldaccia (oggi facenti parte del Gruppo Duca di Salaparuta),
di avere intenzione di provare a realizzare in Toscana e in Versilia il primo
vino futurista italiano. Thayaht infatti sognava di riuscire a piantare una
selezione di vitigni della famiglia Alliata in alcuni terreni a Marina di
Pietrasanta per dare vita ad una produzione vitivinicola assolutamente
originale, e per questa disegnò persino una etichetta speciale destinata alle
bottiglie futuriste sino ad ora rimasta sconosciuta.
Il progetto di Thayaht ad onore del vero non venne mai realizzato perché
l’artista, sempre attento ai problemi della natura, si accorse che con quella
operazione, avrebbe dato vita ad un vino ibrido, ottenuto impiantando dei
vigneti non appartenenti al territorio versiliese, e che avrebbe potuto
danneggiare anche la produzione tipica delle uve siciliane.
Il Gruppo Duca
di Salaparuta riunisce tre marchi storici della vitivinicoltura siciliana: Duca
di Salaparuta, Corvo e Florio. Acquisite da Illva Saronno Holding, le due
aziende storiche Duca di Salaparuta e Florio sono state riunite in un’unica
realtà e costituiscono il primo gruppo vitivinicolo privato della Sicilia.In
particolare, Duca di Salaparuta, con le sue diverse Tenute e Cantine, è
espressione dei territori più vocati dell'isola e di una lunga tradizione
vinicola. Il risultato è rappresentato da una serie di vini di assoluto
prestigio.
Conferenza di
Guido Andrea Pautasso, artista e saggista. Ha collaborato
con RAI3, con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani e con diverse case
editrici come consulente letterario. È considerato tra i massimi esperti e
studiosi di Cucina Futurista. Ha curato diverse mostre tra le quali ricordiamo
in occasione di Expo 2015, Arts &
Foods Rituali dal 1851 (Triennale di Milano) e Versilia Futurista (Fondazione Villa Bertelli, Forte dei marmi). Ha
pubblicato Epopea della cucina futurista (2010);
Cucina futurista. Manifesti teorici, menu
e documenti (2015); Piero Manzoni:
divorare l’arte (2015); Versilia
Futurista (2015) e Moda futurista.
Eleganza e seduzione (2016).
Interviene:
Fabio Ivan Denti, giornalista specializzato nel
settore Food & Beverage ed esperto del settore, caporedattore della rivista
“Barbusiness” del Gruppo Food srl.
FONDAZIONE VILLA BERTELLI – via Mazzini, 200 55042
Forte dei marmi (LU)
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