EPOPEA DELLA CUCINA FUTURISTA

La cucina futurista, regolata come il motore di un idrovolante per alte velocità,
sembrerà ad alcuni tremebondi passatisti pazzesca e pericolosa:
essa invece vuol finalmente creare un'armonia tra il palato degli uomini e
la loro vita di oggi e di domani.
Filippo Tommaso Marinetti

«Mangia con arte per agire con arte»
, sosteneva Filippo Tommaso Marinetti, il primo a rivoluzionare secondo i principii della cucina futurista la gastronomia in Italia e nel mondo. Per scoprire la storia e i segreti della cucina degli artisti futuristi, leggete il volume di Guido Andrea Pautasso, Epopea della cucina futurista, pubblicato (in 300 copie numerate) dalle Edizioni Galleria Daniela Rallo di Cremona.

www.guidoandreapautasso.com
http://vampirofuturista.blogspot.it/

Traduzione in lingua russa di Irina Yaroslavtseva

Переводчик: Ярославцева Ирина



venerdì 16 ottobre 2015

RECENSIONE DI CESARE DE MICHELIS A PIERO MANZONI DIVORARE L'ARTE "ARTEiN" ottobre 2015



Piero Manzoni o del "Grado Zero" 
L'ARTISTA HA INDICATO LA STRADA DI UN RADICALE RINNOVAMENTO


Piero Manzoni, a inseguirlo lungo i percorsi delle sue sperimentazioni, si rivela distante da ogni pratica del fare e quindi anche dell'arte come è stata intesa nel corso dei secoli, piuttosto sembra misurarsi con la paradossale consistenza dei pensieri - i concetti- se non addirittura delle parole, letteralmente inafferrabili nella loro impalpabile materia grafica o sonora, ma pesanti e resistenti come pietre - la similitudine, si sa, è di Carlo Levi - nella loro forza espressiva e irriducibili a un senso univoco, piuttosto luminose e cangianti come le riconosciamo nella poesia moderna. Un letterato, dunque, anche se tutt'altro che tradizionale, anzi programmaticamente sperimentale come i suoi coetanei della neoavanguardia, che infatti aveva per compagni di scuola, da Antonio Porta - alias Leo Paolazzi – a Nanni Balestrini, fino a Vanni Scheiwiller, coi quali condivise la scrittura di manifesti e la pratica di pubblicare riviste.
Non è casuale che le sue invenzioni affidino la loro durata alla testimonianza scritta - narrativa, poetica, filosofica, al racconto di sé, certo più affidabilmente che a quella visiva, esplicitando un'affinità linguistica altrimenti non facilmente riconoscibile: in principio piuttosto che l'opera sta l'idea, che si rivela prima in parole, magari heideggerianamente scomposte per svelarne il senso originario, che invece nella metafora delle performance si occulta, chiedendo un arduo impegno ermeneutico.
Quando, il 21 luglio I960 la galleria Azimut - la stessa insegna della rivista di Manzoni e Castellani - invitò alla Consumazione dell'arte dinamica del pubblico divorare l'arte, il pubblico, di fronte a 150 uova sode contrassegnate dall'impronta del pollice dell'autore, in poco più di un'ora fece sparire le "sculture da mangiare" in un rito di comunione nel quale l'opera si con-fondeva con lo spettatore mutandone il destino.
L'arte, insomma, non c'era più, negata nella sua stessa essenza, mentre acquistava risalto il discorso che proclamava la fine di ogni estetismo retorico e sentimentale e indicava un percorso di radicale cambiamento, che dalle Uova, attraverso le modelle delle Opere vive, gli oggetti bianchi degli Achrome, i palloncini dei Corpi d'aria o dei Fiato d'artista, i rotoli di carta delle Linee, arrivava sino alle scatolette di Merda d'artista, e cioè a una sorta di grado zero della scrittura e dell'arte, dal quale si poteva soltanto ri-cominciare da capo.
Tutto questo diventa ora evidente leggendo il bel libro di Guido Andrea Pautasso, Piero Manzoni. Divorare l'arte (Electa, pp. 176 illustrate, € 22,00).

Cesare De Michelis

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